18.07.23

Società

S.S. Lazio, uomini e scelte di campo

L`editoriale a firma della redazione

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Il tempo è galantuomo. Il tempo è anche tiranno. Un alleato, se lo sai usare. Un limite, se ti allontana da un obiettivo. In 19 anni di esperienza ai massimi livelli nel mondo calcio, una figura come quella del presidente Claudio Lotito oggi può essere storicizzata e giudicata. Il presidente Claudio Lotito è un uomo di campo, proprio come l’allenatore che ha scelto, Maurizio Sarri. Il campo dell’allenatore misura 110 metri per 75: l’idea di sconfinare dal rettangolo verde non ha mai attratto Sarri, anzi, è stato motivo di rottura con club internazionali di primo livello come il Chelsea. Il campo di Lotito è più ampio, come è ovvio che sia: è quello del Presidente e investitore. Si potrebbe dire che Sarri ami il suo campo come Lotito il proprio. Sono i due terreni su cui si costruirà la Lazio del futuro, con le rispettive competenze di ruolo: quelle di un presidente e quelle di un allenatore, sostenute dalle azioni, dall`impegno del primo dirigente responsabile. Ognuno nel proprio habitat, per rendere al meglio delle proprie funzioni, ma legati per raggiungere il risultato comune. 


E a ripercorrere le premesse, le aspettative e i pronostici, viene un po’ da sorridere. Tanti non avrebbero scommesso un centesimo sulla durata del rapporto con il nuovo corso tecnico. I risultati sportivi e il rapporto instaurato con Sarri hanno, per l’ennesima volta, smentito i facili pronostici e decretato il successo del binomio: un successo del pragmatismo, del calcio innovativo ma essenziale, senza sovrastrutture. Il "campo" del presidente Lotito negli anni ha allargato i suoi confini e di comodità ne ha offerte poche. Perché di guanti della sfida ne ha raccolti molti. La Lazio nel 2004 era una missione impossibile: richiedeva lo stravolgimento della visione del mondo del calcio. Un ritorno, insomma, ad uno sport etico e a misura economico-finanziaria che si avvicinasse alla sua formazione originaria, quando il mondo del pallone sembrava invece andare da tutt’altra parte. Al calcio del denaro, Lotito ha cercato di confrontare quello delle appartenenze: difficile, magari fuori tempo. Eppure, Lotito non si è limitato a provarci. Lo ha fatto. Tra mille fatiche, oggi la Lazio è lì in alto: traguardi, soddisfazioni, poche delusioni, ma senza discostarsi di una virgola dal modello che lo ha sempre animato. Maurizio Sarri, uomo di campo ma anche di idee appassionate e filosofie ricercate, ha sempre apprezzato pubblicamente questa dimensione, lontana da un calcio mercificato e ridotto a business senza sentimento. 


Oggi, il Mister è l’interprete e l’artefice primo di questo progetto. Da taxi per nuove avventure, oggi la Lazio è diventata la meta per la realizzazione dei calciatori: e tanti ancora si chiedono come mai affermati giocatori scelgano di rimanere tanto tempo in questa squadra, con “questo Presidente”. L’espressione di fastidio si legge negli occhi: una vulgata interessata ha sclerotizzato il linguaggio e la visione del calcio del Presidente. Di lui si è detto, limitandosi a quanto ripetibile, che è un “arrivista”, un “presenzialista”, un “accentratore”. Fa notizia la gaffe e la visione macchiettistica, in un calcio che guarda sempre la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave. E quando le cronache hanno visto allontanarsi nel tempo figure di collaborazione a lui care, la critica ne ha ricavato la prova provata di una manifestazione egocentrica dell`attività presidenziale. La critica, esercizio complesso, è però saper separare il giudizio da ogni vizio. Il detto calcistico è allora metafora facile: il rigore lo può sbagliare solo chi lo calcia. E Lotito non si sottrae mai al tiro dagli undici metri. Non lo fa nemmeno Mister Sarri, abituato com’è a guardare negli occhi, a non fingere. Oggi, insieme, dai rispettivi ruoli, rilanciano una sfida controcorrente per il presente e il futuro della Lazio.


La redazione

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